OSTEOPATIA E SPORT: AGIRE PRIMA DEL DOLORE
Quante volte vi è capitato di recarvi da un terapista pensando “Non ho male, ma vado a fare un controllo”?
Probabilmente il numero su cui state riflettendo si avvicina allo zero.
Si è abituati ad aspettare il dolore come sentinella di allarme, come obbligo imposto dal nostro corpo per rallentare il ritmo degli allenamenti e delle competizioni e curarsi.
Spesso si termina una sessione di carico con fastidi generalizzati o un male che si presume scompaia in poche ore. Anche se ciò avvenisse si dovrebbe comunque pensare che ci sia una difficoltà del fisico a gestire lo sforzo, nonostante l’assenza di una sintomatologia vera e propria.
L’osteopatia fa proprio il detto “prevenire è meglio che curare”, ponendosi come obiettivo la ricerca di uno stato di benessere, da non intendersi esclusivamente come ritorno da una condizione di disagio, ma come filo conduttore che guidi con costanza la vita sportiva e non dell’atleta.
Il corpo umano ricerca e segue 3 leggi: equilibrio, economia e comfort.
Equilibrio dei sistemi corporei, viscerale, strutturale e cranio-sacrale, economia in termini di minore dispendio energetico possibile e comfort inteso come assenza di dolore.
La struttura muscolo-scheletrica deve funzionare in armonia con gli organi addominali e toracici (viscerale) e con il sistema profondo che attraverso le meningi mette in collegamento il cranio alla colonna vertebrale ed al sacro (cranio-sacro), seguendo un movimento ritmico intrinseco.
Ciò implica che nel momento in cui il dolore compare, il nostro sistema sta dando indicazione di aver fallito tutti i tentativi di coordinare i sistemi e di nascondere il disagio attraverso il comfort.
Osservando il corpo umano in quest’ottica si nota dunque come sia fondamentale affidarsi in ogni momento della preparazione atletica ad un terapista, in modo da verificare se lo stato di benessere sia reale o celi una condizione sottostante di sofferenza fisica.
Si partirà da un’analisi posturale statica, per analizzare poi il gesto sportivo dinamico ed eventuali schemi disfunzionali presenti.
Un esempio pratico
Prendiamo in considerazione un atleta OCR che esegue molti ostacoli in sospensione e di forza per gli arti superiori che portano alla naturale propensione verso un atteggiamento di chiusura anteriore del tronco.
In presenza di una sottostante tensione viscerale derivante da uno degli organi addominali (ad esempio stomaco, fegato, intestino, apparato ginecologico nelle donne), la postura “chiusa” in avanti può aumentare notevolmente e a lungo andare potrebbe generare problemi quali dolori lungo la colonna, male alle spalle, difficoltà respiratoria durante la fase di corsa.
E non necessariamente questa tensione viscerale deve manifestarsi attraverso un sintomo, come detto prima il nostro corpo si adatta per non farci percepire dolore, fin quando il meccanismo non si “inceppa”.
Uno swing poco controllato, piuttosto che una trazione eseguita senza un adeguato riscaldamento o un ostacolo mai provato possono essere proprio la causa che scatena il malfunzionamento della macchina, del nostro sistema.
Un atleta deve avere la curiosità di conoscere il proprio potenziale fisico ed è importante comprendere come, allenarsi in modo continuativo su schemi disfunzionali possa limitare significativamente l’aumento della performance, predisponendo ad infortuni e a dolori dall’origine apparentemente sconosciuta.
Se il meccanico vi dicesse che le sospensioni dell’auto sono danneggiate, cosa fareste? Le riparereste o partireste per una gita fuoristrada in montagna?
Articolo redatto da Alice Gualdi
Massaggiatrice sportiva
Studentessa di Osteopatia
Preparatrice atletica