Si sente parlare spesso di STRETCHING. Ma cos’è? e perché praticarlo? Il termine deriva dall’inglese “to stretch” (allungare, stendere) e indica tutti quei gesti naturali di allungamento e autostiramento che è importante compiere per l’attività fisica.
Lo stretching è una disciplina complessa ed in continua evoluzione, dunque, sarebbe riduttivo ridurla a poche linee principali.
Tuttavia, risulta necessario capire i vari tipi di stretching per ricercare i massimi benefici a seconda della propria finalità (prestazione, riabilitazione, prevenzione ecc.).
Stretching statico: È quello più semplice, consiste nel mantenere lo stiramento massimo in assenza di movimento ed arrivando alla posizione più lentamente possibile. I vantaggi sono ovvi: è semplice ed apporta benefici sull’elasticità. Però, non è specifico e non migliora la coordinazione.
Stretching balistico: Come dice il nome, implica dei movimenti rapidi e ritmici, salti e rimbalzi poiché utilizza la velocità come forza motrice per lo stiramento.
Stretching dinamico: È una variazione del precedente, a metà strada fra il balistico e lo statico: il movimento è comunque controllato, senza salti o scatti. Il limite maggiore è proprio nella difficoltà di controllo del movimento dal quale dipendono strettamente i benefici dello stretching.
Stretching passivo: Si usa quando il muscolo agonista è troppo debole o è poco elastico; in genere è tipico di una riabilitazione dopo un intervento e si attua con l’uso di un fisioterapista che tende la struttura oltre l’ampiezza del movimento attivo per rieducarla.
Stretching attivo: È lo stretching che sollecita i muscoli senza l’uso di una forza esterna.
Stretching propriocettivo: Denominato PNF (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation), si basa sui complessi meccanismi delle unità coinvolte nello stiramento (muscoli, tendini, recettori, coppia agonista/antagonista ecc.).
Per quel che concerne lo sport e quindi la prestazione, lo stretching apporta una serie di benefici quali un notevole incremento di elasticità di muscoli e tendini, può aiutare a prevenire traumi e lesioni, a stimolare la lubrificazione articolare, a migliorare il sistema respiratorio e la circolazione. Rilevanti anche gli effetti positivi sul sistema nervoso, tra cui l’attenuazione dello stress e lo sviluppo della percezione del proprio corpo.
Tuttavia, vi sono opinioni differenti. Ad esempio, tra i diversi studi, quello condotto da alcuni ricercatori dell’Università di Zagabria e pubblicato sullo Scandinavian Journal of Medicine and Science in Sports dimostrerebbe che gli sportivi che usano esclusivamente lo stretching statico prima di saltare, sprintare, sollevare dei carichi o fare gesti di forza simili, avrebbero riscontrato una riduzione della forza e della potenza.
Una conclusione simile allo studio pubblicato sul Journal of Strength and Conditioning Research, secondo il quale non solo la capacità di forza si ridurrebbe dopo aver fatto stretching statico, ma aumenterebbe anche la sensazione di instabilità e disequilibrio muscolare e generale.
Il che non significa che lo stretching sia inutile in assoluto, perché lo stretching fa esattamente quello che promette di fare: aumentare la flessibilità e mobilità articolare proprio allungando (stretchando) i muscoli.
Dopo un’attività fisica, quando muscoli e tendini sono ben lubrificati e caldi e l’allungamento favorisce il recupero dallo sforzo può essere utile per chi pratica di sport di endurance come obstacle race, running e triathlon, eseguire una serie di esercizi di stretching (anche per “scaricare” la schiena).
Non esistono esercizi “migliori” o “peggiori” ma solo esercizi che hanno uno scopo e portano un determinato risultato. Quelli esposti saranno esercizi che esistono assieme a tanti altri.
Di seguito esempi di esercizi per il mid-body/core:
Upward Facing Dog
Cat-Cow Pose
Seated spinal twist
Knee-to-Chest Stretch
Articolo redatto dal coach Francesco Russo